During large parts of its history chemistry was seen as a science of progress, admired by many. But contemporary public debates on chemistry have been quite critical, mainly for environmental reasons. Therefore is it interesting to note that in the course of the 1990s “green chemistry” emerged. The origins, scientific meaning and drivers behind the spectacular growth of that new field are the subject of Research between Science, Society and Politics: The History and Scientific Development of Green Chemistry.
The scientific character of green chemistry has been a matter of dispute since its inception. This book aims to clarify that dispute. It presents a historical analysis of its birth and evolution, with a special focus on the USA, the UK and the Netherlands and the chemical societies in these countries. The emergence of green chemistry differed from one country to another, which is analyzed and compared as well. Based on quantitative and qualitive research methods and a wide range of primary sources never studied before, this book ultimately offers a new characterization of “green chemistry”. It should be of interest to chemists, policy makers and historians & philosophers of chemistry, because Research between Science, Society and Politics accounts for both internal scientific as well as socio-cultural factors that played a role during the emergence and growth of green chemistry.
The book consists of the following chapters:
- Chapter 1: Introduction: the Emergence of Green Chemistry
- Chapter 2: Chemistry, Politics and Society: the Rise of Green Chemistry in the USA
- Chapter 3: Recognition and Institutionalization of Green Chemistry in the UK
- Chapter 4: The Rise of Green and Sustainable Chemistry in the Netherlands
- Chapter 5: Intellectual Origins of Green Chemistry: Diverging Views on Scope and Content
- Chapter 6: The Emergence of Green Chemistry: Discussion and Conclusions
- Sources and Bibliography
- Research Impact
Arjan (Johan Alfredo) Linthorst graduated in 2004 from the University of Groningen, with a specialization in physical organic chemistry. He has a PhD from the University of Maastricht. Furthermore, he is an experienced teacher at secondary school, with a demonstrated interest in the history of chemistry. He has published in several journals concerning chemistry, chemistry education and the history and philosophy of chemistry.
Reviews
Read the review by Marcin Krasnodębski, in the journal Ambix, calling Linthorst’s book “essential reading for anyone interested in environmental and green chemistry. I have no doubt that it will follow in the footsteps of his influential 2010 article and confirm his place among the most prominent historians of sustainability in chemistry”.
See also the review of the book by Prof. Marco Taddia (University of Bologna) in the online journal Scienza in rete.
According to Prof. Andrea Goti (University of Florence) in the journal Substantia, Linthorst’s book “is an invaluable source of information for both practitioners and novices and deserves to be read by all scientists interested to the subject”.
Prof. Joel Barrault in l’Actualité Chimique: “Cette étude, particulièrement d’intérêt pour le domaine de la chimie verte, présente bien les méandres de la création d’actions structurantes maintenant reconnues non seulement par les chimistes, les historiens et les philosophes, mais également par les milieux politiques et économiques.”
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Marco Taddia, Alma Mater Honorary Professor – University of Bologna (Italy), Formerly Professor of Analytical Chemistry. –
http://www.scienzainrete.it/articolo/scienza-politica-e-societ%C3%A0-di-fronte-alla-chimica-verde/marco-taddia/2023-03-18
Prof. Marco Taddia, Alma Mater Professor – University of Bologna –
Correva l’anno 2003, quindi è passato un bel po’ di tempo da quando il chimico organico Paul Anastas (Quincy, 1962), allora all’Università di Nottingham e oggi a Yale, dalle pagine della rivista Green Chemistry, fondata nel 1999, sollecitava la società a spostarsi da un progetto di traiettoria insostenibile a uno sostenibile, impegnando in tal senso scienza e tecnologia con l’apporto fondamentale della green chemistry. Secondo la IUPAC (Internation Union Pure Applied Chemistry), per green chemistry (in italiano detta chimica verde o anche chimica sostenibile) s’intende “l’invenzione, la progettazione e l’uso di prodotti chimici e processi per ridurre o eliminare l’uso e la produzione di sostanze pericolose”. Si tratta quindi di una branca della chimica che mira a raggiungere la massima efficienza con il minimo spreco ambientale ed economico, evitando le sostanze pericolose e ponendosi in un’ottica di economia circolare; svariati sono i campi di applicazione, dalla creazione di bioplastiche con prodotti di scarto (per esempio alimentari) alla produzione di energia rinnovabile ed ecosostenibile (compreso l’idrogeno).
Della green chemistry, Anastas è considerato oggi il padre a tutti gli effetti e lo è meritatamente. Le sfide poste dallo spostamento che auspicava nel 2003 non sono finite, perché politica ed economia pretendono la loro parte, come dimostrano tuttora le discussioni in corso a livello parlamentare italiano ed europeo. Tuttavia, oggi che si parla di Green New Deal Europeo, quale ponte verso la bioeconomia, la chimica verde è più che mai al centro dell’attenzione delle industrie del settore, degli accademici italiani e del legislatore.
Anche per questo un nuovo libro che ne parla per i non specialisti è il benvenuto. Si tratta di Research Between Science, Society And Politics. The History and Scientific Development of Green Chemistry, di Johan Alfredo Linthorst (Eburon Academic Publishers, Utrecht, 2023). È un libro denso di informazioni, come si addice alla tesi di dottorato che l’autore ha discusso come candidato esterno all’Università di Maastricht il 13 febbraio scorso e fatto pubblicare senza modifiche. Il titolo propone un argomento di ordine generale, mentre il contenuto, come è giusto che sia, riguarda un caso specifico, ossia la storia e lo sviluppo della green chemistry di cui Linthorst si era già occupato in precedenza (Foundations of Chemistry, An overview: origins and development of green chemistry, 2010).
’idea risale all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso, quando si cominciò a parlare concretamente di accettabilità dal punto di vista ambientale dei processi produttivi e relativa verifica. A livello internazionale un ruolo di primo piano fu assunto dagli Stati Uniti con l’U.S. Presidential Green Chemistry Challenge Award, istituito nel 1995, e con la fondazione del Green Chemistry Institute (1997). Tra le nazioni più attive nel promuovere le prime iniziative anche a livello governativo, troviamo anche l’Italia che, ricordiamolo, vide l’istituzione nel 1993 del Consorzio Interuniversitario “La Chimica per l’Ambiente” (INCA) e l’organizzazione a Venezia del meeting Processi Chimici Innovativi e Tutela dell’Ambiente. Il termine green chemistry, non immune da qualche ambiguità, viene ancora usato nella nostra lingua ma la traduzione letterale “chimica verde” è ormai prevalente nelle riviste italiane a carattere tecnico-scientifico e l’organo ufficiale della Società Chimica Italiana , che gli ha dedicato un intero fascicolo all’inizio dell’anno scorso, ce lo conferma.
Tornando al libro di Linthorst, diciamo subito che la trattazione è circoscritta a ciò che è avvenuto in tre nazioni, ossia Stati Uniti, Regno Unito e Olanda, sia dal punto di vista scientifico interno che da quello socio-culturale. Dopo un capitolo introduttivo che ci mostra come si è fatta strada la green chemistry e i tre dedicati alle suddette nazioni, i rimanenti due si occupano rispettivamente dell’origine intellettuale del concetto e relative divergenze interpretative, per finire con quello dedicato alla discussione e conclusioni.
Lo schema corrisponde a quello di una tesi ma, prima di farne un libro, forse si poteva riordinare e integrarlo con una breve panoramica su ciò che è avvenuto altrove. Perché, per esempio, non cercare fra i membri EuChemS qualche nazione pioniera della conversione green, vista l’appartenenza delle Società Chimiche di UK e Paesi Bassi a tale gruppo? Come vedremo, tale lacuna nulla toglie a uno sforzo ammirevole, tenendo conto che dal 2003 Linthorst, studente lavoratore, ha insegnato chimica a livello pre-universitario sia in Olanda che a Curaçao, mentre ora è a Meppel. Tra le motivazioni che lo hanno spinto a impegnarsi nella ricerca, iniziata nel 2005 e che lo costringeva a spostarsi spesso tra le due sponde dell’Atlantico, nasceva dal fatto che la chimica verde è tuttora oggetto di alcune dispute. Il suo significato per i cittadini, le attese e le realizzazioni concrete, non sono sempre apparsi del tutto chiari, come è successo anche a Porto Torres. Un altro motivo è che, secondo lui, gli storici della chimica professionisti, tranne poche eccezioni, sono stati abbastanza restii a occuparsi di chimica ambientale fin dall’emergere di tale disciplina.
Detto ciò, senza entrare nei dettagli, l’emergere della chimica verde pare sia stata una reazione alla diffidenza e ai timori che la semplice evocazione dell’aggettivo “chimico”, quasi sinonimo di “tossico”, suscitava in passato tra i cittadini e i consumatori. L’adozione da parte di accademici e industriali di un termine che gli anglosassoni, così come succede per “nanotecnologie” e “sostenibilità” definiscono umbrella e che, nel caso della chimica verde si spiega da solo, meriterebbe un prolungamento della discussione, così come i dodici principi che ne definiscono l’etica.
Ma per ora ci fermiamo qui.